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Tempio di Ercole

Nel 1834 la Commissione di Antichità e Belle Arti di Palermo avviò i primi interventi di restauro del Tempio di Ercole, o Tempio di Eracle.
  Il ritrovamento di una statua acefala alimentò a tal punto l’interesse della Commissione per il sito, che incaricò l’architetto provinciale Saverio Bentivegna di affiancare il lavoro dei delegati locali di Girgenti. I resoconti di Bentivegna ci restituiscono l’immagine di un tempio “tutto rovinato”, tanto che in un primo momento confessò la sua incapacità di formulare un’ipotesi di spesa per il suo restauro. Come leggiamo tra le pagine del Prefetto di Girgenti, il modo in cui quei “venerandi ruderi giacciono al suolo distesi” fu per “effetto di terremoto” e perché i Cartaginesi lo avevano “già abbattuto”. Infatti, solo una delle otto colonne che giacevano a terra era sopravvissuta a queste calamità. Egli pregò la Commissione affinché venissero ricostruite le otto maestose colonne del tempio nella “certezza di fare un bene al paese e all’Italia” [Complesso archivistico: Prefettura di Agrigento, Intendenza e atti della Prefettura di Girgenti 1827-1887 b. 486 4].
Ma bisognerà attendere il 1923, anno in cui Sir Alexander Hardcastle finanziò l’opera di restauro, permettendoci di ammirare le colonne così come le vediamo oggi. 
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